La strada che conduce al Pulo di Altamura  è stata per secoli una via percorsa da greggi e pastori, la via della Mena, appunto, un tratturo come tanti che si snodano lungo le lame e le alture delle murge per condurre le pecore al pascolo transumante. In queste contrade si insediarono, tremila anni a. C. i nomadi Iapigi, popolazioni di provenienza illirica che diedero vita alle prime forme di  colonizzazione del territorio, nelle grotte del pulo o costruendo i villaggi neolitici della Mena (che l’attività di spietramento della murgia ha cancellato pochi anni fa irrimediabilmente).


La via della Mena è stata, durante il medioevo, anche il percorso scelto dai pellegrini diretti verso la tomba di S. Nicola a Bari o verso Barletta, da dove ci si imbarcava per i luoghi santi. E il popolo altamurano rivolgeva ai viandanti che si incamminavano per quella via, l'augurio di buon viaggio.

Questa probabilmente l’origine di un topos  che ancora oggi indica la via del “buon cammino”.
Ma solo a partire dagli ultimi decenni questo percorso si è pian piano tramutato in una strada “maledetta”.
Lungo questa via, infatti, mentre il governo nazionale decideva di insediarvi uno dei cinque poligoni militari dell’Alta Murgia (il poligono del Buon Cammino) e i ladri locali sancivano l’abitudine di scaraventare nella dolina del pulo centinaia di automobili rubate e incendiate, si sono registrati alcuni delitti tra i più orrendi che la nostra comunità ha subito.

Siamo certi che don Francesco ignorava questi episodi delittuosi. Il suo incedere a piedi lungo i sentieri della murgia, ricalcava le orme di quei primi nomadi e pastori, come quell’ominide il cui scheletro fossilizzato riposa ancora nei pressi della stessa via per il pulo, nella grotta di Lamalunga e che, per uno strano caso del destino, fu battezzato dagli speleologici che lo scoprirono con lo stesso nome del santo di Assisi. Come quel giullare di Dio, don Francesco percorreva a piedi terre lontane dal clamore della pubblicità, luoghi appartati come i deserti o le aree steppiche come la murgia, per cercare, attraverso la fatica e la meditazione, di purificarsi e liberarsi delle tante cose inutili che oggi ingombrano la nostra esistenza.

Nessuna parola potrebbe riempire il vuoto scaturito da quel colpo di fucile che ha stroncato la vita di don Francesco Cassol il 22 agosto scorso. Il perdono nei confronti dell’autore del misfatto da parte dei familiari e della comunità cui apparteneva don Francesco, testimonia la dignità profonda espressa dal loro dolore e la coerenza di un sentimento che avrebbe condiviso lo stesso don Francesco.

Al di là di qualche sterile polemica, che non ha fatto altro che rendere più paradossale le circostanze in cui è avvenuta la tragedia ma che ha reso più esplicite le condizioni di precarietà che caratterizzano l’attuale gestione del territorio da parte delle istituzioni locali, la comunità murgiana non è rimasta insensibile di fronte all’accaduto.

Infatti, molte associazioni di base, cittadini e soprattutto giovani, hanno espresso la volontà di rendere omaggio alla memoria di don Francesco, cercando di costruire un legame di solidarietà e di scambio culturale tra la comunità murgiana e quelle dei Monti Bellunesi da cui don Francesco proveniva.

Il Comitato pro Cassol intende favorire un processo di ricomposizione sociale per dare continuità alle molteplici iniziative svolte in tanti anni sul territorio e che hanno consentito l’istituzione del parco nazionale dell’Alta Murgia, un parco che è nato ma che stenta a crescere nella direzione auspicata. La via del Buon cammino, che versa in uno stato di degrado, per esempio. potrebbe essere trasformata in una strada-parco, mediante la realizzazione  di un percorso pedonale-ginnico-ciclabile nel tratto compreso tra le Mura megalitiche e il Pulo di Altamura.

La celebrazione in ricordo di don Francesco, che si svolgerà domenica 7 novembre alle ore 10,30 presso il Pulo di Altamura, con la posa di un grande monolite, opera dello scultore Vito Maiullari, a cui assisterà anche una delegazione della comunità di Longarone e di Belluno, vuole  sancire la riconciliazione e stringere un legame di fraternità tra le nostre comunità, ma vuole  anche indicare un percorso condiviso, all’insegna della pace e della tutela di una terra che don Francesco, come noi, tanto amava.



Altamura, 2 novembre 2010

Centro Studi Torre di Nebbia